di Darianna Saccomani
Per prima cosa devo chiarire che io sono semplicemente una persona transessuale che esprime come può e dove può la propria attività e la propria “militanza”. Sicuramente sono una che guarda le cose e cerca di capire quanto accade e cosa accade, attribuendo delle specifiche responsabilità a chi si pone nella situazione di “rappresentare” e di “coordinare” la situazione in cui vivono le persone transgender e transessuali, sia pre operazione che post operazione.
Chiaramente come persona che non è seduta dove le cose si discutono e dove si prendono le decisioni, posso solo osservare e trarne delle conclusioni, cercare di comprendere quale sia l'indirizzo o la strategia che viene perseguita in favore delle persone T.
Nel 2000 circa inizio a conoscere questo variegato fronte delle associazioni Trans, né vengo affascinata per la molteplicità delle sue espressioni, per il fatto che sono vivaci nella discussione, ma che hanno comunque la grande capacità di confrontarsi. Leggo, soprattutto leggo, perché isolata e non in condizioni di poter avere più che un contatto telematico con queste realtà. Partecipo a liste di discussione, a gruppi, leggo e scarico i diversi documenti che trovo disseminati nei vari siti. Cerco di capire e rimango chiaramente nel mio angolo pensando che tutta questa attività sia comunque positiva e, soprattutto, non avendo ancora ben chiaro quali fossero i reali problemi, quali le reali difficoltà, quali i giochi che si venivano a consumare all'interno del movimento GLBT. Non sono certo facente parte di chi ritiene che in politica ci deve essere purezza. La politica è un gioco di equilibri, di scambi, di intese dove il dare e l'avere funziona solo sui rapporti di forza e di chi è nelle condizioni di poter spostare tali rapporti. In moltissimi casi conta più un 15% che non un 40% nella determinazione di una maggioranza. Questo per dire che non mi scandalizzo né ho pretese di presunta purezza che, in politica, è solo argomento demagogico, buono per far fesse e fessi la maggioranza delle persone sulla base di una “eticità” che non può esistere nei termini di purezza. L'eticità della politica non sta in ciò che si compie, ma nel rispetto di protocolli comportamentali, nel tener fede agli impegni presi, nella fedeltà che si ha al mandato. Lo sforzo utopico di far coincidere l'azione con l'obiettivo è lo sforzo che anima una buona politica da una pessima politica. Ma pur sempre nella politica si deve scendere a patti, a compromessi, a mettere in contrattazione questioni di rilevanza.
Noi non abbiamo bisogno di persone che siano “sante” ed “immacolate”, noi abbiamo bisogno di persone che abbiano chiaro cosa vuol dire fare politica, cosa vuol dire sedersi ad un tavolo e contrattare, cosa vuol dire prendere impegni a nome e per conto di un movimento che deve essere compartecipe e partecipe, ma soprattutto informato. Abbiamo bisogno non di demagogia allo stato puro, possibile solo per chi non ha da tirarsi fuori il pranzo con la cena quotidianamente, ma di strategie e di politiche e di programmi che siano condivisi, siano costruiti tenendo presente che c'è gente che attende delle risposte, che c'è gente che sta pagando con la propria esistenza questo stato di fatto. Tenendo presente che chi si pone alla dignità di rappresentare, rappresenta l'insieme delle istanze e dei dolori e delle persone che vivono discriminazione, stigma, marginalizzazione esclusione, ingiustizia, pregiudizio.
Le scelte operate non sono sempre condivisibili, ma si da il beneficio che tali scelte siano state discusse, siano state in un qualche modo pianificate. Si comprende bene che non sempre e non su tutto e non necessariamente ci sono dei risultati da portare a casa, si comprende bene che spesso il lavoro per ottenere un risultato è lungo, pieno di insidie, pieno di imprevisti, ma si ritiene che ci sia quanto meno una squadra di persone che lavorano insieme, che si accapigliano, litigano e si assumono l'onere di farsi il sangue amaro per sviluppare certe cose. Si saluta con entusiasmo e contentezza la realizzazione di un coordinamento nazionale. Si dice che finalmente ci sarà un muoversi comune, ci sarà un fronte comune, ci sarà la capacità di essere all'esterno compatte. Ma poi? Poi tutto questo crolla, e crolla nel momento in cui tutto il movimento GLBT si trova in piazza con la manifestazione “Uguali”, crolla nel momento in cui le persone T sono sottoposte da un linciaggio mediatico senza precedenti.
Ma in piazza, con la manifestazione “Uguali”, non ci siamo andate con una piattaforma condivisa? La portavoce non era stata nominata dal movimento? Di fronte all'attacco mediatico sul caso Marazzo, non c'è stato un coordinamento per come fare fronte e per come contrapporsi e rispondere? Chi del coordinamento è andata in TV non ci è andata con il sostegno di tutte e tutti?
Sinceramente non penso che una persona decida da sola di essere “portavoce” e da sola “decida la linea da portare”! Allora tutti questi distinguo, queste accuse, queste recriminazioni, da dove vengono? Per chi come me è ai margini di tutto e non è dentro alle “segrete cose”, comprendere il perché di questo diventa importante. Diventa importante capire cosa è il motivo di questo sfilacciamento e di questo essere le une contro le altre che si percepisce dalle parole, dagli interventi, dalle varie e numerose battute. Si, diventa importante capire, perché se una come me vuole fare la sua parte in una lotta per i propri ed altrui diritti, vuole sapere se deve fare una scelta di campo o meno, deve sapere da che parte stare, visto che così come sono le cose, non c'è solo la parte delle persone transgender e transessuali, ma ci sono in queste mille parti.
Se tutto è sfarfallato e l'idea di poter essere un fronte comune non c'è, allora devo capire dove e come devo muovermi. E si, anche perché se devo essere “gestita” amo decidere io chi è che mi deve gestire ed amo anche avere i miei buoni strumenti per poter controllare tale gestione.
Sinceramente non mi attendo delle risposte, ma le gradirei moltissimo, gradirei moltissimo che mi si spieghi questa situazione.
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