Tutte le persone transessuali sono schiacciate dal problema del lavoro? Sarebbe quanto meno importante comprendere con una certa approssimazione quante, nella realtà, sono veramente nella condizione di precarietà e di disoccupazione. Dato importante, un dato che potrebbe far uscire le nostre parole dall'ambito teorico, per collocarlo sulla base di un discorso concreto. I progetti si fanno sicuramente sulle idee, ma soprattutto sulla base di analisi e di verifiche. Se io lancio un progetto, questo deve avere - quanto meno - la dimensione di una analisi capace di individuare chiaramente qual è l'ambito e la situazione sul quale tale progetto si sta collocando.
Su cento transessuali//transgender, quale calcolo possiamo fare?
Possiamo dire ipoteticamente:
15% si prostituisce;
25% ha un lavoro come dipendente stabile;
20% ha un lavoro indipendente;
35% non ha un lavoro fisso;
5% sta ancora studiando o comunque non è ancora entrata/o nell'ambito del mercato del lavoro.
Se noi dobbiamo pensare, quindi, un progetto "lavoro" rivolto a questo ipotetico 55% che potrebbero essere, effettivamente, interessate e coinvolte nell'ambito del discorso progettuale per un lavoro.
Secondo aspetto che si dovrebbe poter valutare è: quante persone di questo 55% vorrebbero fare un lavoro "indipendente", quante un lavoro "dipendente"?
Terzo aspetto che si dovrebbe mettere in campo è quante persone che hanno già un lavoro indipendente sono disposte a collaborare e lavorare per sviluppare un progetto lavorativo e, quindi, per porre la loro professionalità ed il loro supporto a tale progetto?
Quarto aspetto è la valutazione delle compentenze presenti, perché questo permetterebbe di poter sviluppare una progettazione, quanto meno, aderente alla reale compentenza delle persone che poi sarebbero implicate, oppure di poter elaborare programmi di formazione per quelle persone che non hanno compentenze.
Questo è un primo punto di discussione.
8 novembre 2009
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